La sua regola è l’apertura agli altri, a prescindere dalla loro appartenenza a un gruppo, una nazione, una minoranza, una religione, un’etnia o a qualsivoglia fattore identitario, tanto più se assunto come escludente
A. Cavarero, “Democrazia sorgiva”
Ieri Cittàperta si è presentata per la prima volta pubblicamente e nel come abbiamo scelto di farlo si trovano già molti indizi che raccontano di noi.
Per prima cosa abbiamo deciso di continuare a dialogare con Adriana Cavarero, che negli ultimi anni è stata ospitata a Brescia dalla Fondazione Clementina Calzari Trebeschi e dell’Istituto Razzetti. Questo suggerisce che Cittàperta intende muoversi innanzitutto coltivando le relazioni importanti e virtuose, in questo caso con Adriana Cavarero, e che è consapevole di inserirsi in un contesto già ricco di proposte di altissimo livello. Cittàperta non vuole essere quindi un nuovo soggetto che nasce – come direbbe Hobbes – spuntando dal terreno come un fungo: ci sentiamo invece generate e generati da organizzazioni, enti, soggetti, persone che hanno regalato a questa città un tessuto democratico forte e consapevole. I nostri prossimi passi saranno quindi quelli di confrontarci con esse.
Un secondo tratto di Cittàperta che si può dedurre dalla modalità con la quale ci siamo presentati è quello della centralità della cultura e del pensiero. “Democrazia sorgiva” fornisce spunti che possono essere accolti e tradotti nel presente e la presentazione del libro è stata l’occasione per mostrare la nostra volontà di partire dal pensiero e portarlo poi sul piano dell’azione. Senza una riflessione consapevole e, soprattutto, condivisa con altre persone, l’azione diventa più fragile perché non sorretta da un’immaginazione che guarda lontano né da un’idealità politica.
In terzo luogo Cittàperta vorrebbe facilitare quel processo di riappropriazione della felicità come sensazione collegata alla partecipazione. Se la politica è percepita come distante, dobbiamo provare a cercarne le ragioni e delineare un modo di essere più adeguato all’esistente. Nella presentazione l’abbiamo scritto: «Riteniamo necessario analizzare il contesto in cui ci troviamo per sviluppare e avanzare proposte nuove, che potranno integrarsi all’esistente». Senza questa lettura, che per esempio trova una traduzione concreta nella proposta relativa al bilancio di genere, non ci può essere un progetto adeguato. Solo mettendo in relazione esigenze e proposte si può ricostruire la fiducia nella politica, dalla quale sgorga la felicità.
Per concludere Cittàperta è, come nel pensiero di Hannah Arendt, plurale e imprevedibile. Quando si è un’assemblea è essenziale, nel senso profondo del termine, mostrare se stesse/i e lasciare che nasca una relazione con le altre persone, senza avere la pretesa di mettere immediatamente a frutto dei programmi. Nell’anno e mezzo in cui ci siamo conosciute/i abbiamo sperimentato la pluralità, ci siamo lasciate/i coinvolgere dalla relazione che è nata e il percorso ci ha portate/i qui. Chi vorrà conoscere Cittàperta da vicino lo deve sapere che siamo un po’ così. Imprevedibili. Oggi a chi mi ha chiesto che cosa siamo ho risposto che siamo una pluralità.
Se osservato con gli occhi arendtiani, l’entusiasmo [….] per la fenomenologia assembleare e la sua innovativa valenza politica sembra proprio alludere al momento felice di una forma nascente e sorgiva di democrazia.
A. Cavarero, “Democrazia sorgiva”