«Non è stata data la giusta attenzione alle modalità attraverso cui le ideologie razziste e le istituzioni anti-immigrazione vengono incentivate e modellate dalle campagne islamofobe in nome della parità di genere»
Sara R. Farris
Diventato una categoria analitica di riferimento per molte pubblicazioni e dibattiti femministi, il concetto di “Femonazionalismo” è stato perfettamente spiegato da Sara Farris, professoressa associata presso la Goldsmiths University di Londra, durante l’incontro con Cittàperta di martedì 20 aprile insieme a Raisa Labaran e Munia Deguig del Centro Culturale Islamico di Brescia e dei Giovani Musulmani d’Italia.
Nel libro “Femonazionalismo. Il razzismo nel nome delle donne” l’autrice esamina come i nazionalisti di destra, i neoliberisti e alcune femministe e organizzazioni per le pari opportunità, invochino tutti i diritti delle donne con l’obiettivo di stigmatizzare gli uomini musulmani e aumentare i consensi politici con le loro politiche anti-migranti. Partendo dal presupposto che Sara Farris riconosce perfettamente la posizione di “svantaggio” sociale delle donne, soprattutto delle donne musulmane, la sua critica è rivolta all’ormai diffusa idea che siano le vittime per eccellenza, così come vengono rappresentate nel nostro immaginario di europei.
Il maschio islamico è dunque l’oppressore e la donna islamica è la vittima. Il messaggio è stato fatto proprio da partiti di destra, le cui politiche sono analizzate in modo accurato dall’autrice, che prende in esame l’olandese Parttij voor de Vrijheida, il francese Front National e l’italiana Lega di Matteo Salvini, confrontando le dichiarazioni e le politiche di integrazione proposte. Queste idee si sono diffuse tra chi difende il sistema neo liberale e tra alcune donne – “femocrate” per dirla alla Farris – in una sinergia fragile, che può essere reversibile se criticata e destrutturata culturalmente, ma che è stata amplificata in modo enorme dai media, radicandola nel senso comune.
Sara Farris sceglie di usare il termine “convergenza” che meglio descrive la fluidità, il fatto che persone e personaggi politici provenienti da progetti politici molto diversi stiano convergendo in questo spazio dove sussistono molte contraddizioni. Ci troviamo di fronte a qualcosa di “non nuovo” rispetto a ciò che sta accadendo. Ci sono nella storia esempi di imperialisti e colonialisti che sostengono di portare la “civiltà” in “paesi incivili”, e questo comprende i diritti delle donne. In Algeria, negli anni ’50, l’esercito francese sviluppò questa ossessione per cui bisognava togliere il velo alle donne musulmane. Anche alcune femministe hanno sostenuto queste imprese coloniali nel nome dei diritti delle donne. Ciò che si è affermato dall’11 settembre in poi, è la crescente popolarità dell’idea che i diritti delle donne siano particolarmente in gioco quando si tratta di comunità musulmane.
Un altro aspetto sui cui si è soffermati, e che trova degli argomenti in comune con Il Manifesto della Cura, guarda all’aumento della domanda in Occidente per il lavoro femminilizzato – assistenza all’infanzia, badante, assistenza agli anziani, pulizia, lavoro domestico – e come questo si riferisca al trattamento delle donne migranti musulmane in particolare. Come ribadito da Sara Farris, durante l’incontro, l’idea che i migranti siano ladri di lavoro è molto maschile. Le donne migranti, invece, non sono realmente rappresentate nei media come ladre di lavoro, ma come obbedienti vittime passive delle loro presunte culture arretrate. Questa è la sessualizzazione del razzismo. Le donne vengono presentate come vittime per le quali, se correttamente assimilate, si può fare spazio – mentre gli uomini migranti sono gli “altri” irrecuperabili.
Una conclusione che emerge dal libro e che sarebbe utile discutere è il tema dei diritti che da anni è diventato dominante nel pensiero politico. Un argomento che diventa ambiguo e manipolabile ideologicamente. Forse il tema dell’uguaglianza e della lotta contro il suprematismo bianco, in qualsiasi forma si manifesti, è un terreno più solido delle lotte per la libertà femminile. Forse è proprio il neo liberismo e tutte le ideologie ad esso collegate a dover essere sconfitte. Senza questa consapevolezza, le lotte delle donne rischiano di rimanere dipendenti da sistemi economici e culturali ostili da millenni alla libertà femminile. Vediamo come i temi e gli slogan del femminismo vengano usati per chiudere spazi di libertà e per descrivere il patriarcato solo come un errore, un impedimento da correggere sulla via del progresso, ma sappiamo anche come, proprio nei femminismi, ci siano le possibilità di resistere ad ogni femonazionalismo.